Tornando al mio hotel a
Roma (se così si può chiamare la minuscola stanza col bagno in
comune che ho trovato vicino a Porta Pia, mai trattarsi troppo bene)
all'una di notte da un punto non ben definito della città,
affidandomi solo al mio lacunoso senso dell'orientamento e conscio
che mi attenderanno almeno 8 km di strada, all'improvviso incrocio
nel nulla più assoluto un tizio (spero per lui) ubriaco che balla da
solo sul marciapiede ascoltando col cellulare "California Love" di 2Pac
e Dr. Dre, commentando ad alta voce “minchia se ne sanno questi
americani”. In quel momento mi viene da chiedermi “che cazzo ci
faccio qui?”, ma la motivazione me l'avevano per fortuna appena
data i Kafka On The Shore.
Band milanese in
trasferta al Gasometro di Roma loro, bella sequela di localini
affollatissimi sul lungotevere all'ombra della struttura che gli da
il nome, pseudoscribacchino all'ultimo giorno di permanenza in città
che si è fatto fino alla capitale in bicicletta dal novarese io:
perchè non ritrovarsi lì? Arrivo con prudentissimo anticipo alla
location del Mavi Live (intanto mi leggo Fool di Christopher Moore,
consiglio letterario del giorno) per gustarmi il concerto di una band
che avevo mancato un mesetto e mezzo prima, ma il cui esordio
Beautiful But Empty è stato per parecchio tempo (e lo è ancora) un
ascolto graditissimo. Ancora di più dopo la prestazione dal vivo
sfoderata dalla band.
Non vi dirò “la
scaletta è iniziata con questo ed è finita con quello”, perchè
ho una memoria di merda. Ricordo un'intensa “Bob Dylan”, una
piratesca (come ha fatto a non venirmi in mente questo paragone in
sede di recensione?) e ancor più frenetica che su disco “Bacco”,
“Venus” convincente più che su album nonostante l'assenza
dell'ospite Chiara Castelli dei 2Pigeons, “Airport Landscape”
cantata volutamente in maniera strascicata ma efficace, “Campbell's”,
la mia preferita, perfetta come intenzione e dinamica...tanti brani
dal disco d'esordio, ma anche tanti pezzi non presenti lì e che,
chiacchierando e complimentandomi con la band a fine concerto, scopro
essere nuovi nuovi e pronti a finire sul chissà quanto imminente
(spero molto) nuovo disco. Nuovi pezzi che sfoderano una vena funky
molto incisiva, unita a parti strumentali abbastanza ampie da
lasciare un retrogusto psichedelico che non guasta affatto, ma fa
anzi viaggiare con la mente tenendo comunque il tempo col piede (io
con la mano sul bancone del locale). I titoli ovviamente non me li
ricordo, ma qua sotto troverete (dovreste trovare) un esempio di ciò
che scrivo. E' un peccato che la dispersività della zona faccia
affluire poco pubblico, ma uno zoccolo duro di gente che passa,
gradisce e si ferma resta comunque, e vorrei anche vedere visto che
lo show è assolutamente di alto livello: chitarra e basso che
passano di mano ogni quando, tastiera infuocata (soprattutto nella
meritevolissima “Lost In The Woods”), batteria precisa e
galvanizzante, chiacchiere a profusione fra un pezzo e l'altro a dare
punti anche in ironia e simpatia alla band. In una sola parola:
figata.
Non è un caso che i
Kafka On The Shore siano appena tornati da un tour in giro per
l'Europa: un gruppo on un tiro simile, capace di avere già pezzi
nuovi dall'appeal invidiabile dopo solo qualche mese dall'uscita del
primo e validissimo disco e capace anche di mantenere una sana
ironia sul palco non poteva e non doveva rimanere confinato al suolo
nazionale. Ora speriamo si accorgano di loro anche ai piani alti e
che i palchi del già lunghissimo tour che li vede coinvolti nella
promozione di Beautiful But Empty (che continua, sappiatelo)
diventano sempre più grandi e gremiti di gente: non ruberebbero
niente a nessuno. E che il Pirate Mexican Porno Rock sia con voi.
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